Elezioni USA: come funziona il sistema di voto?

2 Novembre, 2020

Questo articolo è stato realizzato dalla nostra aspirante giornalista Lisa! Grazie per aver condiviso con noi questa ricerca 🙂

Il 3 Novembre si avvicina e per gli stati Uniti sarà una data molto importante. Sarebbe però limitante dire che quella delle elezioni è una questione che riguarda solo i cittadini americani, chi verrà eletto erediterà il comando di una delle più grandi potenze economiche e militari a livello globale e avrà dunque il potere di influenzare direttamente o indirettamente le nostre vite.

Senza entrare però nel merito della questione politica cerchiamo di capire meglio come funziona il sistema elettorale degli USA.

Ogni mandato presidenziale dura 4 anni e un presidente non può più essere rieletto per più di due mandati, l’unico presidente ad aver governato gli US per ben 4 mandati fu infatti Franklin Delano Roosevelt, uno dei tre migliori presidenti americani assieme a Lincoln e George Washington.

L’election day è soprannominato anche “super martedì” e avviene in una data non casuale. Dal 1845 è previsto dalle istituzioni americane che l’elezione avvenga a Novembre, periodo che sussegue il raccolto e precede l’inverno, e nel martedì che segue il primo lunedì di Novembre. Le elezioni non potevano tenersi il lunedì in quanto le persone dovevano spostarsi e perdere parte del loro week end per votare e nemmeno il mercoledì in quanto era considerato il giorno del mercato.

Da qui ecco la data del 3 Novembre per questo 2020; quest’anno il fatidico super martedì sarà la conclusione del processo elettorale, in quanto per via della pandemia sono state attivate delle procedure che prevedono la possibilità di votare in anticipo.

Durante le precedenti elezioni, per incrementare l’affluenza ai seggi e invitare anche i ragazzi all’esercizio del proprio diritto di voto, in alcuni degli stati sono state attivate delle strategie “acchiappaelettori” grazie ad alcune app come Pokemon Go e Tinder che hanno spinto i più giovani ad esprimere le loro preferenze. Quest’anno il problema non si è presentato, si registra infatti un’affluenza record alle votazioni.

In primis tendiamo a dimenticare che non è in ballo solo l’elezione presidenziale, ma anche quella per il nuovo Congresso che ha una voce potente nell’influenzare le capacità di decisione e l’agenda politica del prossimo presidente.

Il sistema elettorale americano è maggioritario e indiretto, i cittadini americani non votano direttamente per il presidente, ma scelgono i Grandi Elettori che andranno a loro volta a formare il Collegio Elettorale degli Stati Uniti. Ogni Stato ha assegnato un certo numero di Grandi Elettori. Una volta completato lo spoglio e definita la vittoria di una maggioranza, tutti i Grandi Elettori di quello Stato saranno assegnati al partito vincitore.

Ci sono alcuni stati, detti “swing state” che risultano essere decisivi per l’elezione di uno o dell’altro candidato e anche una sola delle loro preferenze può fare la differenza. In questi stati solitamente i dibattiti in campagna elettorale sono più accesi che mai e i sondaggi restano incerti fino all’ultimo. Uno di questi è per esempio l’Ohio.

Si è tanto parlato di dibattiti, ma tra chi? L’opposizione principale negli Stati Uniti è quella tra democratici e repubblicani. Vediamo alcune delle personalità più famose del passato provenienti da entrambe le parti, evidenziando le caratteristiche principali del loro mandato:

Lincoln, repubblicano, fu il sedicesimo presidente degli Stati Uniti ed ebbe il merito di abolire la schiavitù negli Stati Uniti con il XIII emendamento della costituzione americana, per farlo affrontò una sanguinosa guerra civile, la guerra di Secessione (1861-1865).

Il già citato Roosevelt, per il fronte dei democratici è conosciuto specialmente per l’ampio programma di riforme sociali ed economiche inserite nel programma New Deal. In pochi sanno che era affetto da poliomielite e che provò a tenere nascosta la sua disabilità per tutta la sua vita.

Eisenhower, repubblicano, diventato famoso come militare per il suo compito di generale durante lo sbarco in Normandia, da presidente riuscì a firmare la pace con il Nord Corea e prese duramente posizione contro all’utilizzo della bomba atomica nutrendo forti dubbi riguardo all’utilizzo di questa arma fatale nei confronti di un nemico praticamente già vinto e stremato dalla guerra.

Il democratico Truman è invece ricordato per il suo ruolo nel difficile periodo della guerra fredda, fu autore infatti della famosa dottrina Truman, con lo scopo di contenere l’avanzata del comunismo nella polarizzazione del conflitto tra Stati Uniti e Unione Sovietica.

Nixon, nella schiera dei repubblicani è l’unico presidente nella storia degli Stati Uniti ad essersi dimesso, dopo l’esplosione dello scandalo Watergate che lo vedeva coinvolto in una serie di operazioni di spionaggio verso gli avversari politici e di insabbiamento di alcuni fatti della sua amministrazione. Governò in uno dei periodi di distensione della Guerra Fredda e mise la firma sulla fine della guerra in Vietnam.

Kennedy, come democratico, aveva dalla sua parte il grande carisma che era in grado di esercitare e ancor oggi non mancano i molti riferimenti ai suoi discorsi alla popolazione. Basti pensare a “Ich bin ein Berliner” e a “We Chose to go to the moon”. La struttura dedita al lancio dei veicoli spaziali a Cape Canaveral, in Florida, porta proprio il suo nome: John F. Kennedy Space Center (KSC). Sotto la sua presidenza gli Stati Uniti vissero una delle peggiori crisi della guerra fredda, la crisi missilistica di Cuba. Fu assassinato nel 1963.

Il repubblicano Raegan si concentrò invece sulla libertà del singolo e in favore di una svolta liberale che provò ad attuare con la politica della Deregulation, tentò di ridurre la spesa pubblica, ma gli ingenti investimenti militari non contribuirono alla ripresa degli stati Uniti dopo il crollo della borsa nel 1987. Non nacque come politico ma come attore e all’epoca questo non era un fatto comune.

Giungiamo ora al più recente democratico in carica come presidente degli US, Obama. Primo presidente nero della storia, le cui sfide sono state più attuali e vicine alla nostra mentalità. Si è battuto per una riforma sanitaria, l’Obamacare e si è concentrato sulla green economy regolamentando l’emissione di gas serra. Ha affrontato anche il tema dei diritti civili e messo fine all’embargo cubano.

In questa breve lista di importanti personalità non c’è nessun nome di donna, quante donne hanno corso per la Casa Bianca? La prima candidatura risale addirittura al 1872, con la Woodhull, quando le donne ancora non avevano diritto di voto, l’ultima invece risale al 2016, con la Clinton.

Le donne che affrontarono la corsa alla Casa Bianca sfidarono i costumi e le costrizioni imposte alle donne buttandosi in una sfida difficilissima se non impossibile per i loro tempi. Nella lista delle donne che hanno contribuito a fare la storia degli Stati Uniti con le loro candidature ci sono donne provenienti da tutte le categorie sociali, suffragette, avvocatesse e socialiste, anche di colore. Come sostenne una di loro, Shirley Chisholm, furono discriminate più come donne che per ogni altra possibile “ragione”.

In parallelo a queste storie c’è il racconto di un’altra donna, Eleonor Roosevelt, soprannominata la First Lady of the world che è riconosciuta universalmente per la sua grinta nel difendere i diritti umani e per le bellissime perle di saggezza che ci ha regalato, chiudiamo questa carrellata di informazioni sulle elezioni negli USA proprio con una delle sue bellissime frasi:

“Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni” – e qualora il vostro sogno fosse quello di concorrere per la presidenza degli Stati Uniti ricordate che bisogna essere cittadini statunitensi, avere almeno 35 anni, ed essere residenti permanenti negli States da almeno 14. Good luck!

 

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